Produzione dell’idrogeno: procedimento

produzione idrogeno

Produzione dell’idrogeno: procedimento

Parlando di idrogeno produzione significa far riferimento al processo chimico da cui questo viene ricavato. Noi ve lo spieghiamo molto semplicemente

Idrogeno: come produrlo?

L’idrogeno, il vettore energetico del futuro arriva dai rifiuti. Succede nei laboratori del Dipartimento di Geoingegneria e Tecnologie Ambientali dell’Università di Cagliari, dove Giorgia De Gioannis e Aldo Muntoni, hanno messo a punto HyMeC, un sistema di fermentazione in grado di estrarre da 1 kg di rifiuti organici fino a 75 litri di idrogeno utilizzabile per alimnetare le celle a conmbustibile.

L’idrogeno non è certamente una soluzione in grado di rimpiazzare immediatamente i combustibili fossili, ma apre prospettive interessanti. Ha il vantaggio di essere assolutamente pulito (non produce emissioni di CO2, NOx, o particolato) e le celle a combustibile vantano un alta efficienza energetica, intorno al 60%, se confrontata con la maggior parte dei motori a combustione interna (20-30%).

Problemi per la produzione

“Il problema dell’idrogeno è che deve essere liberato dall’acqua o dagli idrocarburi con processi spesso costosi o basati sul ricorso a fonti rinnovabili” osserva Muntoni “mentre il nostro sistema biologico utilizza essenzialmente batteri Clostridia e una struttura del tutto analoga ad un normale impinato di di digestione anaerobica e permetterbbe di ottenerlo da un’ampia gamma di rifiuti, con modestissimo apporto energetico”.

Senza grandi finanziamenti, ma con molto ingegno e determinazione, il gruppo cagliaritano ha infatti messo a punto un processo di digestione che agisce a 39°C, per molti aspetti più conveniente di quelli termofili che necessitano di temperature più alte, intorno ai 55°C, studiati da colleghi tedeschi.

Soprattutto HyMeC non necessita di additivi chimici per controllare il processo o pretrattamenti termici della biomassa batterica. Oltre al basso fabbisogno energetico per riscaldare il fermentatore, la bellezza del sistema italiano è la capacità di lavorare sia sul quel secco residuo rimanente dopo la raccolta differenziata di vetro, metalli, plastiche e umido, sia dall’umido stesso a monte della fase aerobica di compostaggio.

“nel primo caso si tratta di un residuo sporco” spiga Muntoni “nel quale però ci possono essere ancora tracce significative di materia organica, come residui di cibo, e che tipicamente andrebbe all’inceneritore o in discarica dopo la stabilizzazione. Nel secondo caso sitratta invece di un sistema eccellente”. Immessi in un fermentatore senza ossigeno a 39°C per 2-4 giorni, i residui organici vengono digeriti da batteri Clostridia, che tipicamtne si sviluppano in ambiente privo di ossigeno, con produzione stabile di idrogeno miscelato ad anidride carbonica. Ma non è finita. Una volta prodotto l’idrogeno, il materiale in uscita alimenta un secondo reattore anaerobico dove si produce metano (700 litri per 1 kg di rifiuto organico) sempre miscelato a CO2. infine il rifiuto cosi digerito viene compostato con il semplice accorgimento di un’aggiunta di trucioli e segatura per renderlo meno umido.

“Oggi stiamo lavorando con dei chimici ad un metodo efficace di separazione della CO2 dall’idrogeno” sottolinea Muntoni “ma HyMeC ha domistrato rendimenti migliori rispetto ad altri sistemi e anche in Spagna hanno già mostrato interesse per il processo”.
Una volta separato dall’anidride carbonica, l’idrogeno può essere utilizzato in apposite celle a combustibile (Pemfc con membrana a scambio di elettroni), mentre metano e anidride carbonica possono essere utilizzati in celle a combustibile di tipo Mcfc con carbonato. I rendimenti sono interessanti perché, anche limitandoci al solo idrogeno, già un piccolo reattore di 400 litri sarebbe in grado di alimentare in continuo una cella Pemfc da 1 kW.

(fonte: Nova 24 de “il sole 24 ore”)

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